giovedì 9 ottobre 2014

Tra certezze e splendide sorprese: Maloberti, Cytter e Kimsooja alla galleria Raffaella Cortese

Ero troppo curioso di visitare il nuovo spazio di Raffaella Cortese, che ormai ha reso via Stradella una route des arts, con ben tre vetrine dedicate ciascuna a una mostra diversa. Così mi sono gettato a capofitto alla scoperta della personale di Marcello Maloberti, che è molto più di una mostra: è un vero autoritratto. Marcello è presente con tutti gli elementi della sua ricerca, dal tavolo che ricorda la famosa fotografia in cui aveva nascosto la nonna sotto il tavolo (Casa, 1993) e che ora nasconde delle improbabili aranciate arabe come le merende sotto il banco di scuola, ai faldoni che raccolgono 220 pensieri scritti a mano e raccolti in cartelline di plastica da sfogliare rigorosamente con i guanti. Ho subito pensato che questa scelta nascondesse il desiderio di volerci far maneggiare con cura le sue riflessioni. Mi sono perso nella lettura di queste frasi, brevi e incisive quasi come gli status di Facebook. Dentro c’è di tutto: dalla cultura alta al non sense, dall’artistico al personale, dal futile al necessario: “Il mio lavoro nasce da uno spavento”, “Lascia che la materia si pieghi come vuole, non stringere troppo”, “Prima o poi tutti fanno un testa coda” e così via fino all’aforisma per eccellenza, tradotto nella scritta al neon che invade tutta la parete di fondo: “Non fare alla rosa quello che la rosa non vuole fare”. Una auto-citazione estrapolata da una conversazione con Pier Paolo Calzolari che invita a non tradire la natura delle persone e che mi sento di sottoscrivere.

Marcello Maloberti, Casa, 1993
Per entrare definitivamente nella testa di Maloberti bisogna però aprirne la “scatola nera” che, fuor di metafora, è un vero e proprio contenitore in cui l’artista ha raccolto una segretissima selezione di citazioni, un libro d’artista conservato gelosamente da Raffaella Cortese e mostrato solo ai più curiosi. E certo io non potevo esimermi!
 
Marcello @ Raffaella Cortese, installation view
Dal civico 4 sono passato poi al 7, la sede storica, per la mostra di Keren Cytter, artista di Tel Aviv che non conoscevo molto. L’allestimento è molto intimo e accogliente, con i tendaggi di pelle bianca dipinta che introducono al film Siren come fossero un sipario. Iniziata la visione, lo stato d’animo cambia: la narrazione è volutamente disorientante, con la sua mancanza di linearità, e attraverso ripetizioni e flash back racconta la storia di un amore non corrisposto, la cui colonna sonora, anch'essa interrotta e ripresa più volte, è Song to the Siren di Tim Buckley. Un lavoro toccante.

Keren Cytter, Siren @ Raffaella Cortese, installation view
Ciliegina sulla torta l’artista coreana Kimsooja (al civico 1) che torna a farci sognare condensando in due lightbox la forza cromatica del progetto che ha tolto il fiato a chiunque alla scorsa Biennale di Venezia. Ricordate quel padiglione ai Giardini in cui si era invitati a a percorrere lo spazio illuminato a piedi scalzi, in assoluta contemplazione del proprio respiro, per poi a entrare in una stanza buia e completamente ovattata? I più smemorati possono guardare il video e poi non perdere la mostra da Raffaella Cortese che va avanti fino al 13 novembre.



Kimsooja @ Raffaella Cortese, installation view


RAFFAELLA CORTESE
Kimsooja / Marcello Maloberti / Keren Cytter 
fino al 13 novembre 2014

Milano, Via Stradella 1, 4, 7

www.galleriaraffaellacortese.com

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