Una delle mostre che più mi incuriosisce e che spero
di poter visitare presto ha inaugurato una decina di giorni fa a Roma,
proprio mentre trapelavano nuovi scandali e fiorivano le indagini. La ospita il
MAXXI, museo che genera sempre molte aspettative salvo poi spesso
deluderle. Spero non sia questo il caso, ma mi pare che le premesse siano
ottime dato che si tratta di una coproduzione con
il Musée d’Art Moderne de la Ville de Parisattraverso il team di curatori Catherine David, Odile Burluraux, Morad
Montazami, Narmine Sadeg e Vali Mahlouji.
Ad attirarmi è chiaramente il tema: Unedited
History. Iran 1969-2014 racconta attraverso 200 opere la cultura
visuale dell'Iran dagli anni Sessanta ad oggi. Questo numero mi
spaventa, temo il rischio della dispersione, ma la suddivisione in diverse
sezioni mi sembra possa agevolare la fruizione. Il concept della mostra si
esprime nel titolo, che vuole dare l'idea di una storia raccontata in
maniera oggettiva perché "unedited", non montata, come si direbbe
nel linguaggio cinematografico. Solo mettendo insieme i frammenti si
ricompone il discorso.
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Morteza Avini, Aqiqat, 1980 |
La prima sezione racconta gli anni della “modernizzazione”
dal 1960 al 1978, quando in Iran la cultura si sviluppa notevolmente grazie
alla nascita di eventi di rielievo internazionale, come le biennali e di
istituzioni come il Museo d'Arte Contemporanea di Teheran. Sono gli anni in cui
gli intellettuali iraniani ragionano sulla definizione di un'arte non
occidentale o non occidentalizzata. Domina la sezione Bahaman Mohassess
(1931-2010), nei cui dipinti è chiara la provenienza dal mondo della scultura e
dove Roma è protagonista. Proprio nella città eterna Mohassess ha studiato e
sceglie di vivere auto isolandosi fino alla morte avvenuta nel 2010.
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Kaveh Golestan |
La seconda sezione riguarda gli anni della Rivoluzione
e della guerra Iran-Iraq fra il 1979 e il 1988. In questo periodo
si sviluppano in modo particolare le pratiche legate alla documentazione
attraverso fotografia, video e cinema, dove nascono per la prima volta scene di
mobilitazioni di massa. La forte contrapposizione alla lettura ufficiale degli
eventi nascono piccole realtà clandestine che si occupano anche di archiviare
il materiale di protesta. Il reportage diventa più crudo e realistico nel video
di Morteza Avini (1947-1993), Haqiqat (Verità), realizzato usando
una telecamera portatile e intervistando attraverso una voce fuori campo quei
soldati destinati a sacrificarsi per gli ideali della
Rivoluzione.
L'ultima sezione cerca di individuare le prospettive
contemporanee, dalla fine della guerra con l'Iraq a oggi (1989-2014). Le
nuove generazioni di artisti sono sempre più attirate dalla cultura europea e
si trasferiscono in Europa alla scoperta di un approccio all'arte più aperto di
quello appreso in Iran fino agli anni Ottanta. Gradualmente il capitalismo
cerca di integrarsi alla cultura islamica e anche chi sceglie di rimanenere in
patria guarda alle richieste del mercato internazionale. Resta forte la tradizione
della fotografia documentaria nata negli anni Settanta, in opposizione alle
immagini della moda e della pubblicità, con gli eredi di Bahman Jalali e
Kaveh Golestan.
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Barbad Golshiri, Tomb sans titre, 2012 |
Sono curioso di vedere dal vivo l'opera di Barbad
Golshiri (1982), artista che grazie a Claudia Gian Ferrari ho avuto
modo di conoscere ancora in tempi non sospetti per la mia avventura da
collezionista. Si tratta di un omaggio a un uomo morto per motivi politici, tema assai caro a Golshiri, per il quale ha costruito una tomba-sarcofago sotto forma di stencil di
ferro, costituito da lastre trasportabili che creano una lapide temporanea il
cui epitaffio si ottiene spargendo la lastra di cenere e lasciandone quindi il
segno sul pavimento. Poesia pura.
La mostra è aperta fino al 29 marzo 2015, non perdetela.
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