lunedì 1 settembre 2014

Shirin Neshat, ricordi di Teheran e scherzi del destino

Sono fortemente convinto che circondarsi di bellezza possa migliorare la qualità della vita, renderla poetica e speciale anche nei suoi aspetti più semplici e quotidiani. Posso affermarlo con certezza grazie a un episodio che è capitato qualche tempo fa, complice un’opera della famosa artista iraniana Shirin Neshat.
Ho sempre apprezzato i suoi lavori, dalle più note fotografie di donne dalla pelle coperta da iscrizioni tratte da poesie, alle videoinstallazioni (per cui ha vinto anche il Leone d’Oro alla 48esima Biennale di Venezia nel 1999). Ricordo l’atmosfera quasi mistica creata dall’installazione del 2011 a Palazzo Reale che presentava i materiali usati dall’artista per il film Donne senza uomini, tratto dal romanzo della scrittrice Shahnush Parsipur, pubblicato nel 1989 e bandito in Iran. Mi ha sempre colpito anche la sua storia: nata in una piccola cittadina a due ore da Teheran e trasferitasi giovanissima negli Stati Uniti per studiare arte, dopo la Rivoluzione del 1979 è stata costretta all’esilio dal suo paese per più di dieci anni. Dopo il mio viaggio in Iran, dove ho conosciuto artisti e intellettuali, le sue opere hanno assunto per me una forza nuova, e ne ho compreso a fondo il messaggio.
Qualche tempo dopo sono riuscito ad aggiungere alla collezione una sua piccola fotografia: due mani di donna che stringono un microfono, un inno alla libertà di espressione. Per anni era stata di proprietà di Claudia Gian Ferrari e faceva parte di quel nucleo della sua raccolta personale messo all’asta dopo la sua scomparsa. Come vi ho raccontato, è stata proprio lei ad introdurmi al mondo dell’arte contemporanea: avere con me quella fotografia mi sembrava un modo per non spezzare il legame che ci univa e un ricordo di quella eccezionale esperienza che fu il nostro viaggio.
Non credo al destino, ma alcuni incontri di certo non accadono per caso. Una sera invitai a una cena la sorella della gallerista che ci aveva ospitato a Teheran. A fine serata mi disse a bassa voce: sai che hai una mia foto? E mi confessò, vedendo il mio volto perplesso, che le mani in quella fotografia erano le sue, raccontandomi che negli anni Novanta aveva fatto da modella per Shirin. Un ulteriore legame fra Claudia, l’Iran e me. Questo è il potere dell’arte.

Shirin Neshat, Fervor, 1999, Copyright Shirin Neshat

Shirin Neshat, On guard, 1996

Shirin Neshat, Rapture Series, 1999, Courtesy Gladstone Gallery

Shirin Neshat, Ribellious Silence, 1994, Copyright Shirin Neshat

Shirin Neshat, Speachless, 1996, Courtesy Galdstone Gallery

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