Oggi vi parlo di cinema perché
inaugura stasera alla Triennale di Milano la prima personale in una istituzione
italiana di Ben Rivers. Il linguaggio del regista inglese attraversa i confini
tra arte e cinema, esplorando generi differenti, dal thriller al noir passando
per l’horror e la fantascienza.
Mi incuriosisce il tema
scelto per la mostra milanese: le opere si concentrano sull’idea di collezione,
sia dal punto di vista istituzionale sia personale. Condivido totalmente l’affermazione
di Ben Rivers secondo cui “gli oggetti ci aiutano a rintracciare le idee degli
individui o di una cultura intera”.
Gli spazi della Triennale saranno allestiti con un
ambiente creato ad hoc per dare vita a una riflessione sulla memoria. Tre film
su tre schermi verranno collocati in modo da creare un percorso narrativo
circolare in cui tempi e storie differenti si intrecciano fra loro.
Ecco i film:
The Shape of Things (2016): mostra le riprese di oggetti provenienti dalla
collezione etnologica dell’Harvard Art Museums: una scultura ermafrodita di
epoca bizantina e una brocca antropomorfa della Cina neolitica sono
accompagnate dalla voce del poeta americano William Bronk che legge il suo
componimento At Tikal. Le parole dell’autore
inducono lo spettatore a interrogarsi sul desiderio di rappresentare la propria
identità attraverso un ciclo continuo di creazione, distruzione e rinnovamento.
Phantoms of a
Libertine (2012): ispirato a Voyage on the North Sea (1974) di Marcel
Broodthaers. Elementi visivi e
testuali estrapolati da un album di viaggi creano una biografia composta di
indizi misteriosi e onirici.
Things (2014): la narrazione si sposta sul mondo dell’artista
e la sua casa. La descrizione degli elementi che compongono l’ambiente è al
tempo stesso un viaggio nella fantasia e nella memoria collettiva.
La mostra è curata da Lucia Apsesi con la direzione artistica di Edoardo Bonaspetti.
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