sabato 3 gennaio 2015

Qualche riflessione su GLITCH, la mostra in chiusura al PAC di Milano

Fra pochi giorni chiuderà la mostra che ha caratterizzato l’autunno del PAC di Milano: GLITCH, curata da Davide Giannella è un esperimento inusuale (almeno per Milano), ambizioso, complesso. Le sale dello storico spazio progettato da Ignazio Gardella si sono popolate di proiezioni, installazioni ed eventi performativi alla ricerca delle interferenze fra arte e cinema in Italia negli ultimi 15 anni. Ed ecco spiegato il titolo.


Una macchina espositiva che merita sicuramente qualche considerazione:

Il curatore: Davide Giannella è nato nel 1980, è un giovane curatore indipendente e sono convinto che a questa generazione destinata a rinnovare rapidamente le proprie categorie di pensiero, ad abituarsi alla flessibilità e, a proposito del tema della mostra, destinata a vivere in prima persona il passaggio da analogico a digitale, vada lasciato più spazio. Mettiamoli alla prova.

Il progetto: nel voler descrivere come l’arte contemporanea italiana abbia ridisegnato il concetto di storytelling attraverso il medium del video, vedendo assottigliarsi il confine fra cinema, arte e produzione amatoriale, GLITCH ha trasformato il PAC in un piccolo multisala. 64 film d’artista spalmati su due programmi alternati. Una mostra ricca, ma difficile da cogliere a pieno. La selezione è sempre troppo ardua, ma forse necessaria in questo caso. Avrei preferito un ciclo di rassegne anche più brevi, magari tematiche, piuttosto che una grande mostra-calderone in cui la mancanza di tempo e il naturale calo attentivo rischiano di far perdere al visitatore dei capolavori.


Gli artisti: la meglio gioventù italiana, nomi che seguo da un po’ (Alterazioni Video, Ancarani, Rä di Martino, Trevisani), altri ormai consacrati anche dal grande pubblico dell’arte contemporanea e non solo (Vezzoli su tutti).

Le opere: non solo video, la mostra è completata da una serie di installazioni che instaurano relazioni con il linguaggio e l’immaginario cinematografico. Un’idea interessante, un tentativo di ricondurre la mostra verso la dimensione più propriamente artistica, ma in alcuni casi mi è parso si trattasse, più che di un valore aggiunto, di una rischiosa deviazione dal concept della mostra e un ulteriore elemento di sovrabbondanza.

Courtesy Rä di Martino
L’opera del cuore: fra i filmati che sono riuscito a vedere e le opere installative, c'è qualcosa che più di tutto mi ha rubato il cuore, come sempre. Si tratta della serie fotografica di Rä di Martino, No more stars, Abandoned Movie Props, dove gli scenari cinematografici di Star Wars abbandonati ma ancora permeati di cultura americana diventano, attraverso lo sguardo dell’artista e con i loro oggetti dimenticati, inconsapevoli ambientazioni di land art nel deserto tunisino. Quasi metafisiche.

GLITCH. Interferenze tra arte e cinema in Italia
PAC, Milano 
fino al 6 gennaio


Foto della mostra: Nico Covre, Vulcano 2014

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